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martedì 20 marzo 2018

Individuare rifiuti di plastica alla deriva negli oceani dallo spazio? ESA ci prova!

(Credit ESA - ScienceOffice.org)

NEWS SPAZIO :- Ogni anno immettiamo 10 milioni di tonnellate di rifiuti plastici nei nostri oceani. C'è solo da inorridire di fronte a questo numero spaventoso.

E sebbene la maggior parte di tali rifiuti sia concentrata lungo le coste, questi si trovano anche in mare aperto, negli oceani dall'equatore ai poli, persino congelati nel ghiaccio polare.

Inutile dirlo che tutto ciò rappresenta un problema tanto grande quanto urgente, una sfida che non possiamo permetterci di perdere.

Una delle armi di cui possiamo dotarci può venire dall'Agenzia Spaziale Europea ESA e da uno studio attualmente in corso che si pone l'obiettivo di verificare la fattibilità dell'utilizzo di satelliti per individuare rifiuti plastici in mare direttamente dall'orbita Terrestre. Potenzialmente individuandone le concentrazioni più alte e contribuire così a comprendere appieno l'enorme portata del problema.



A peggiorare le cose c'è il fatto che gradualmente questi rifiuti plastici si rompono in pezzi più piccoli a causa delle onde e degli agenti atmosferici, fino a diventare micro-frammenti.
E questi non solo mettono in pericolo gli animali marini ma entrano anche nella catena alimentare globale, con conseguenze gravi a lungo termine, per la vita animale in generale e quindi anche per la nostra salute.


Dallo scorso Settembre con il sostegno del programma ESA Basic Activities due team distinti stanno lavorando in parallelo, Argans Limited in Francia e Plymouth Marine Laboratory nel Regno Unito.
L'attività è iniziata con una prima analisi dei requisiti e delle tecnologie, a cui si è aggiunto un seminario che ha riunito esperti di rifiuti marini e specialisti in telerilevamento.

Paolo Corradi supervisore ESA del progetto: "Misure indirette dallo spazio sono già state utilizzate per affrontare il problema dei rifiuti marini di plastica. Un esempio, le mappe satellitari delle correnti oceaniche ci permettono di simulare l'accumulo dei rifiuti in vaste "spirali" negli oceani Pacifico, Atlantico ed Indiano.

"Quello che stiamo cercando adesso con questo nuovo progetto è valutare la fattibilità della misurazione ottica diretta dei rifiuti plastici trasportati dal mare da parte dei satelliti. Potrebbe sembrare una missione impossibile, ma vi sono motivi per credere che potrebbe essere fattibile, almeno per certe concentrazioni.

"Non stiamo parlando di individuare oggetti galleggianti, quanto piuttosto di identificare la specifica firma spettrale della plastica dall'orbita, nello stesso modo in cui il software di elaborazione può oggi rilevare le concentrazioni di fitoplancton, sedimenti in sospensione ed inquinamento galleggiante.

Nello specifico, la plastica ha particolari firme infrarosse che a volte sono utilizzate nell'industria del riciclaggio per smistare oggetti di plastica da altri rifiuti su di un nastro trasportatore.

Le immagini satellitari prodotte da missioni come Sentinel-3 sono verificate rispetto a copertura aerea ed a rilievi al suolo dove la plastica alla deriva viene raccolta dal mare per essere analizzata.
I primi risultati sono stati presentati la scorsa settimana alla International Marine Debris Conference in San Diego, USA.

Il progetto fornirà una serie preliminare di requisiti che dovrebbe avere un satellite per rilevare i rifiuti plastici nella banda dell'infrarosso a onde corte.

Ancora Corradi: "Noi speriamo di farci un'idea su quale tipo di concentrazione di rifiuti marini è individuabile dal limite più alto dell'atmosfera con la tecnologia attuale, o se dovremmo operare dall'interno dell'atmosfera usando aerei o droni. O forse dovremmo migliorare la tecnologia?"

L'obiettivo finale potrebbe essere un'effettiva mappa globale che mostri le concentrazioni dei rifiuti.

Corradi: "Le simulazioni sono una buona cosa, ma un'immagine basata su misurazioni reali fornirebbe informazioni importanti agli scienziati ed avrebbe un maggiore impatto per il pubblico e per i politici. Il monitoraggio non è un'obiettivo in sé, quanto piuttosto un mezzo per mostrare la portata del problema, e per iniziare a cercare di risolverlo".

Fonte dati, ESA.

1 commento:

  1. Bel articolo Sergio mi piace molto la parte finale con cui concordo appieno "Il monitoraggio non è un'obiettivo in sé, quanto piuttosto un mezzo per mostrare la portata del problema, e per iniziare a cercare di risolverlo".In quanto si deve trovare un problema per togliere tutta questa plastica dal mare e la vedo molto dura.

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